Medio Evo e Valdesi
Giorgio Tourn
I - Spunti d’ordine generale sulla situazione politico-culturale ed ecclesiastico nel periodo in cui nasce e si sviluppa il valdismo medievale.
Medio Evo, Rinascimento, mondo antico, mondo moderno ...tutte "invenzioni" recenti, classificazioni che facciamo noi oggi. Per gli antichi la storia era un tutt'uno, non la tagliavano a blocchi, ne avevano un'idea di continuità.
Medio Evo indica epoca intermedia tra un prima e un dopo. Quest'idea di un periodo intermedio deriva già in parte dal’500, quando comincia l'epoca moderna. Gli europei pensavano che il periodo ideale che valeva come punto di riferimento per il genere umano e la sua storia era il periodo classico. I Romani erano visti come uomini forti, autorevoli con un'idea chiara dello stato, della repubblica, delle leggi.
Per l'uomo del Rinascimento che riscopre il mondo antico, col desiderio di tornare a questa epoca più "vera", tutto quello che sta in mezzo tra l'era moderna, e l'epoca romana è il "medio".
II Medio Evo, lungo quasi mille anni, è diviso in "basso" e "alto". L'Alto è quello di Carlo Magno, di Federico Barbarossa ecc. e dal 1200 in avanti è Basso Medio Evo.
I valdesi cominciano più o meno con l'inizio del basso medioevo. Cosa divide i due evi? Per quanto ci concerne, cioè per l'aspetto religioso e la storia della chiesa, quello che divide i due periodi è la Riforma Gregoriana attuata dal grande papa Gregorio VII.
Aldilà dell'importanza storica in generale, questa riforma ci riguarda perché la storia valdese comincia proprio allora.
Prima della riforma gregoriana, vale a dire nell'alto medioevo l'autorità di governare, di tenere insieme la vita delle persone, è totalmente in mano all'imperatore: autorità assoluta che risponde solo a Dio e governa per il bene della gente. Ci sono stati imperatori cristiani importanti: come Costantino, Teodosio, Giustiniano.
Ricordiamo che la religione in quel periodo non ha niente a che vedere con la convinzione personale. Che la religione richieda una adesione personale è un pensiero che non ha più di 200 anni. Prima era un’istituzione della vita collettiva, un aspetto dell'organizzazione dello stato.
Chi vive la religione come una questione personale con un rapporto individuale con Dio e desidera seguire per conto suo quello che Gesù ha insegnato, va nel deserto a fare l'eremita, fuori d’ogni contatto o rapporto col papa, o con l'imperatore... E' un momento straordinario della storia del cristianesimo quello in cui centinaia, migliaia d’eremiti vivevano nei deserti dell'Egitto, mangiando poco, digiunando e dedicando tutto se stessi alla meditazione e alla spiritualità.
Ma fuori dal deserto l'umanità è organizzata dall'imperatore. La chiesa è in pratica alle dipendenze dell'imperatore. E' lui che nomina i vescovi scegliendoli tra i rami cadetti delle famiglie feudali. La riforma gregoriana chiede invece che la chiesa sia autonoma e indipendente. L'aspirazione massima sarebbe che i vescovi fossero nominati tra i monaci, credenti convinti, con un alto livello di spiritualità. (Nella chiesa ortodossa ancor oggi nessuno può arrivare all'episcopato se non viene dal convento, tra l'altro con voto di castità a differenza dei popi che sono sposati.) Quello che spinge Gregorio non è solo l'esigenza di svincolare i vescovi dal potere dei signori, dei conti e dei marchesi, ma anche di garantire alla chiesa maggior partecipazione e maggior spiritualità della dirigenza ecclesiastica.
Fino allora le cariche ecclesiastiche si potevano "comprare". Nella parrocchia dietro l'altare principale della chiesa stava un parroco, ma nella cappelletta vicina si poteva istituire un altare e "appaltare" l'altare a qualche "sotto-parroco" cui andavano i benefici delle messe. Da cui un commercio che nulla aveva di spirituale per accaparrarsi il diritto a dir messa e intascare i relativi introiti. Questo e altra la riforma gregoriana vogliono cambiare.
Nascono delle correnti dì persone che, al seguito della riforma gregoriana, cominciano a praticare l'idea di dedicarsi fedelmente ad una vita cristiana, secondo le indicazioni del vangelo, senza necessariamente farsi prete o entrare in convento, al contrario restando inseriti nel proprio contesto sociale.
Valdo è uno di questi individui che sentono il bisogno di vivere una vita cristiana più autentica. Con l'aiuto del suo parroco trova nel vangelo la storia del giovane ricco, che segue fino in fondo. Valdo è perfettamente uomo del suo tempo, dove la chiesa, accanto allo sforzo di liberarsi dal potere imperiale, mette in moto un impulso di risveglio spirituale. Non è sufficiente che la chiesa diventi un'organizzazione più cristiana, bisogna che all'interno della chiesa lo diventino anche i singoli credenti.
Con una parte del suo denaro va dai canonici della cattedrale e si fa tradurre un'antologia dei passi più importanti del nuovo testamento. Non solo li legge, ma li condivide con gli amici, poi racconta la sua esperienza di conversione e invita la gente a seguire il suo cammino spirituale. II vescovo Guichard non ha nulla in contrario, ma per sicurezza incoraggia Valdo a rivolgersi al Concilio a Roma dove presenterà la sua traduzione, su cui nulla viene obiettato, nemmeno la scelta di povertà. Per quanto riguarda la predicazione viene rimandato al vescovo di Lione.
I vescovi non sono sempre d'accordo di seguire i principi della riforma di Gregorio: un vescovo interessato ai problemi della fede lo sarà di più (Ghichard) e chi più interessato al potere politico, a ad andare a caccia e farsi i fatti suoi lo sarà di meno.
Con la morte di Guichard si rompe questo clima di tolleranza e il successore arriverà a cacciare i "poveri" da Lione. I valdesi a Lione si chiamano "poveri" e poiché poco dopo in Lombardia nascono altri movimenti in collegamento a quello di Lione, l'Inquisizione farà distinzione tra "Poveri di Lione" e "Poveri Lombardi".
Non esiste nessuna differenza tra la scelta di Valdo e quella di Francesco d'Assisi di al di là delle differenze d'ambiente in cui crescono e di generazione (Francesco vive trent'anni dopo). II clima e l'esigenza spirituale è la stessa.
Come mai Valdés e i "poveri", dopo il primo momento di comprensione, sono cacciati da Lione e successivamente scomunicati dai vescovi della Linguadoca e nel 1184 a Verona il papa Lucio III e l'imperatore Federico Barbarossa pronunciano scomuniche contro tutta una serie di persone e gruppi tra cui i "poveri"(La grande scomunica ufficiale verrà infine nel 1215 al IV Concilio Lateranense )?
Come mai loro sì e Francesco no?
Il monaco francescano Berthold von Regensburg, Vienna, Österreichise Nationalbibliotek. I francescani divennero, dopo il 1209, uno dei maggiori sostegni della chiesa nella lotta contro le eresie. Poichè vivevano essi stessi in povertà e predicavano nella lingua del popolo, costituivano una concorrenza nei confronti dei valdesi e dei catari. Nelle loro prediche essi mettevano in guardia i loro ascoltatori contro i valdesi, come è esemplarmente dimostrato dal francescano Berthold von Regensburg (intorno al 1210-1272). Altri francescani si spinsero ben oltre e si impegnarono come inquisitori al servizio della lotta papale contro gli eretici. (Die Waldenser,Albert de Lange)
Esiste in Valdo una contestazione dell'autorità gerarchica ma non nella forma di ribellione. II fatto che faccia tradurre la bibbia e la legga non pone nessun problema nella chiesa di allora. Non c'erano divieti ma solo difficoltà tecniche (lavoro di scrittura manuale e analfabetismo
diffuso). II voto di povertà neppure era qualcosa di estraneo alla chiesa, ma il punto centrale di dissenso era la rivendicazione di parlare, "predicare" in pubblico. Non che i "poveri" facessero l'omelia come il parroco la domenica a messa, ma "predicare" per loro era prendere il riferimento scritto nel vangelo e applicarlo alla vita di tutti i giorni. Ma chi aveva l'autorità di dire ai fedeli: "Gesù ha detto e di conseguenza io vi dico"?. Solo il vescovo. Dopo la messa detta dal parroco, il vescovo si alzava dal suo scanno, col pastorale in mano, e predicava nella lingua del popolo. Nelle chiese dove non c'era il vescovo, il parroco diceva messa e basta. All'infuori del vescovo nessuno poteva predicare, non predicavano i preti e nemmeno gli ordini monastici. Nessun altro poteva fare da portavoce a Cristo: assumersi l'autorità di dire quello che Cristo direbbe se fosse presente qui e ora.
Se Valdo va in giro e, sia pur al di fuori da cerimonie liturgiche, legge un passo e spiega cosa significa oggi, in qualche modo si assume il compito di interpretare la parola di Gesù.
Così facendo questi "poveri" oltre ad essere ignoranti si comportano da arroganti e presuntuosi e, cosa assolutamente insopportabile, danno la parola anche alle donne: autorizzano le donne a citare il vangelo e parlare nel nome del vangelo.
Valdés e i suoi non si rendono assolutamente conto che quest'atteggiamento mina l'autorità della chiesa: Gesù ha chiamato dei pescatori come seguaci. Se Pietro è il fondatore della chiesa, bisogna essere come Pietro. L'autorità viene solo dal Signore. I vescovi della zona hanno da affrontare anche un altro problema: i Catari (o Albigesi dalla città di Alba). Movimento che non ha origine nella zona, ma viene dall'oriente. E’ difficile farsi un'idea di quello che è stato il fenomeno delle crociate con i suoi movimenti migratori, spostamenti, incroci tra avventurieri, guerrieri, vagabondi, mercanti e grandi affaristi di reliquie (maree di reliquie arrivano dall'occidente a Venezia e i veneziani ne fanno un mercato in tutta Europa).In questo coacervo di persone soldi e idee in movimento ci sono dei cavalieri occidentali che entrano in contatto col mondo religioso complesso e intrigato dell'oriente e trovano in questa religione catara molto rigida e severa degli elementi d’interesse. Le idee dei Catari passano
dalla
Bulgaria e attraverso l'attuale Bosnia arrivano in Lombardia e si sviluppano nel sud della Francia. I Musulmani di Bosnia ed Erzegovia non sono arabi e non sono neppure, come gli Albanesi, degli occidentali musulmanizzati in epoca turca. Sono musulmani d’origine antichissima, sono in realtà comunità catare che non volendo essere né cristiani cattolici né cristiani ortodossi in qualche modo si sono identificati colla religione musulmana. La "peste dei
Catari" come li definisce l'inquisizione, è diventata una piaga che coinvolge tutto il sud d'Europa, quella fascia della società europea in cui si sta diffondendo il fenomeno dei comuni, gestiti dalla borghesia e in cui anche il movimento dei "poveri" si sta diffondendo. Se questa classe sociale emergente dovesse saldarsi con le forme religiose di opposizione dei Catari e dei "poveri", la chiesa potrebbe perdere il controllo sull'Europa. Tutto il sistema uscito dalla riforma di Gregorio, tutta la costruzione di potere ecclesiastico col suo enorme peso economico e finanziario dì fronte a questo pericolo assume una posizione rigida e scatena la crociata contro gli Albigesi (1205) che stroncherà tutta la cultura di questa regione perché scenderanno i nobili del nord della Francia rimesti fedeli alla chiesa risolvendo il problema nella distruzione e nel sangue. Questo porta il papa ad accentrare sempre di più il suo potere. Mentre Gregorio VII si era preoccupato di riformare la chiesa, i grandi papi di quest'epoca (Innocenzo III, Gregorio IX, Innocenzo IV) sono gli artefici del massimo concentramento di potere a Roma.
In questo contesto Francesco d'Assisi che non si poneva problemi di potere si trova fondatore di un ordine religioso, cosa che non era affatto nelle sue intenzioni ma che con grande abilità il potere centrale costruisce intorno a lui.
Si prende il meglio dei "poveri" (povertà e predicazione) e lo si integra all'interno dell'apparato ecclesiastico: brillante operazione che viene attuata in violazione di quello che la chiesa aveva stabilito anni addietro: che non si dovesse più fondare ordini religiosi, poiché bastavano quelli esistenti (Benedettini, Agostiniani...)
Nascono i Francescani con voto di povertà (non solo del frate, ma dell'ordine) e i Domenicani, ordine rigoroso e studioso oltre che povero che combatte le eresie sul loro stesso piano: per la prima volta nella storia della chiesa i frati andavano in giro a predicare ed erano poveri, coi soli sandali ai piedi e parlando la lingua del popolo.
La riforma gregoriana si realizza in tempi diversi grazie all'attività dì grandi papi. Gradualmente la chiesa diventa sempre più indipendente dallo stato e altresì sempre più potente. Per tener testa all'imperatore dev' essere lei stessa sempre più forte. La chiesa arriverà al `500 al massimo della sua potenza e, dato che allora il modello di potere era quello del re (o imperatore), la chiesa diventa una monarchia assoluta. Prima il papa era un'autorità di prestigio, ma per governare la macchina organizzativa che usciva dalla riforma gregoriana ci voleva un potere centralizzato e assoluto: un papa-re.
Prima della riforma gregoriana ogni vescovo nella sua diocesi era la massima autorità, e non rispondeva al papa che ero solo il vescovo di Roma con un primato d’onore (primus inter pares). I preti si sposavano e avevano figli. La riforma chiede al prete il celibato e la totale disponibilità, senza vincoli familiari: un individuo solo su cui la chiesa può esercitare un’indiscussa autorità. Fino al 1215 (IV Concilio Lateranense) non esistevano le parrocchie. Un cristiano per seguire messa, far battezzare il figlio o altro si rivolgeva a qualunque chiesa o convento oppure non faceva nulla e se ne stava a casa sua: era un libero battitore cui la chiesa offriva dei servizi. Con la costituzione delle parrocchie ogni cristiano è legato alla parrocchia del suo territorio e viene esercitato un controllo maggiore sui credenti: un controllo da monarchia assoluta.
Cominciano i registri: i battezzati diventano sudditi del papa-re e come sudditi paghino la decima alla parrocchia di cui devono seguire le leggi: come ad esempio partecipare almeno una volta all'anno alla comunione dopo essersi confessati.
Per rendere ancora più rigida questa dipendenza dalla chiesa e dato che il momento di dimostrazione della fede è la comunione, anche questa cambia di significato. Fino a quel momento la comunione era più o meno quello che è oggi per noi: un momento di intenso ricordo di un gesto fondamentale della vita di Gesù, ma da quel momento il pane che si prende (il vino già non si dava più, per gli stessi motivi per cui nascerà l'ostia ( per motivi economici) si trasforma in Gesù stesso, dando modo di sottolineare sempre più che il gesto di distribuire la comunione spetta solo ai sacerdoti che hanno la potestà di rappresentare Gesù . La teoria della transustanziazione nasce nel IV Concilio Lateranense del 1215.
Dal nuovo potere assoluto del papa discende tutta una struttura gerarchica sempre più forte e organizzata.
A questa tendenza c'è però un'opposizione interna. La corrente che si chiama tendenza conciliare.
Il Concilio è l'assemblea dei vescovi. I "conciliaristi" sostengono che l'autorità massima nella chiesa non deve esser rappresentata dal papa ma dell'assemblea dei vescovi. II Concilio nomini il papa che eseguirà le decisioni prese dal Concilio.
La battaglia tra i due poteri durerà tutta la prima parte del `400 nei grandi e famosi Concili di Pisa, Costanza, Basilea. Alla fine i conciliaristi saranno sconfitti e il potere assoluto del papato diventerà incontrastato.
II – I Poveri di Cristo
Ora si capisce perché i valdesi non quadrino in questo sistema.
Se la verità sta nel vangelo, non può averla il papa. AI papa l'autorità viene da Cristo, ma se quello che dice Gesù non si accorda con quel che dice il papa o la chiesa, è la chiesa che deve adattarsi all'evangelo non viceversa.
Tutto il processo d’accentramento di potere vissuto dalla chiesa è estraneo alla mentalità valdese. II dibattito per l'autorità non ha senso visto che la sola autorità è il vangelo.
Per esempio il discorso della transustanziazione non ha consensi tra i valdesi in quanto si potrebbe anche pensare che un santo possa trasformare il pane nel corpo di Cristo, ma sacerdoti assolutamente indegni come possono pretendere di essere santi?
II Purgatorio pure è inventato in questo contesto. Se il papa ha l'autorità di trasformare il pane in Gesù perché non potrebbe tirar fuori le anime dal purgatorio? Basta prendere il sacrificio
di Gesù, spostarlo in purgatorio a I'anima va in paradiso. Viene fuori come sapete uno dei più grassi "business" della storia.
Per i valdesi c'è una porta stretta e una larga: la porta stretta va verso il cielo e quella larga verso I'inferno e non c'è papa che possa intervenire.
Negano il purgatorio come molte altre prese di posizione della chiesa in nome dell'Evangelo e si pongono automaticamente fuori dal sistema che la chiesa sta costruendo, ma il "re" non può tollerare dissidenti che neghino I'insieme del sistema.
AI vescovo tocca il compito di sorvegliare la sua chiesa e i suoi fedeli, II vescovo di Torino per esempio ha ufficialmente l'autorità di controllo dei fedeli di queste valli, in competizione spesso con l'abate di S.Maria che tende a pensare di poter svolgere questo compito per conto suo.
Non potendo in ogni caso il vescovo seguire personalmente l'andamento del suo gregge, incarica un domenicano o ad un francescano di fare un'inchiesta ("inquisitio") sul comportamento dei suoi fedeli ai fini soprattutto di combattere l'eresia. All'inchiesta seguono gli interrogatori dei sospetti, e i processi.. Chi non risulta a posto viene condannato a pene varie: messa tutte le domeniche, offerte speciali, esibizione obbligatoria di un marchio giallo ecc. Se poi la persona viene scoperta recidiva allora la pena può arrivare fino alla condanna al rogo.
In questo sistema i nostri "poveri" fanno una vita clandestina in pratica dal Duecento fino al Cinquecento. Vivranno senza tradirsi e senza farsi prendere. Sono costretti a seguire le pratiche della chiesa: battesimo, confessione e comunione almeno una volta l’anno, poiché uno che non si fa battezzare o non prende la comunione è o ebreo o saraceno o cristiano ribelle da rimettere sulla retta strada con ogni mezzo. Non esiste allora la possibilità d’essere o non essere cristiani, d’essere o non essere credenti o atei, sono tutti concetti moderni.
Vivere secondo il vangelo significava per i "poveri" prendere alla lettera alcuni concetti. Rifiutare il giuramento (in un tempo in cui tutti i rapporti gerarchici del potere erano sanciti da un giuramento di sottomissione), la violenza (compresa quella esercitata dalla stato) e quello che allora era il gran mercato della chiesa: il purgatorio. Rifiutare tutto questo significava, di fatto, opporsi, o almeno sottrarsi, al potere della chiesa ed essere potenzialmente ribelli anche al potere civile.
I Barba ricevevano la confessione dei fedeli valdesi, ma c'era una grossa differenza dalla confessione della chiesa ufficiale che si può cogliere dalla lettura dei documenti inquisitoriali che riportano la formula con cui i barba "assolvono" i penitenti. I barba comunicavano il perdono di Dio, non assolvevano loro stessi ("ego te absolvo"), facevano semplicemente un annuncio di grazia.
Per parlare di se stessi i valdesi medievali usavano l'espressione "poveri di Cristo", rifiutando categoricamente l'appellativo "valdese" per il significato dispregiativo che aveva ormai assunto questo termine.
II termine aveva due origini diverse: da una parte indicava la discendenza da Valdo, il mercante di Lione, ma derivava anche dal termine provenzale "vaud" o "vald che significava bosco: valdesi quindi erano quelli che stanno nei boschi, selvatici, ignoranti. Combinando queste due significati di discepoli di Valdo e di "selvaggi" dei boschi l'aggettivo era diventato nel `300 e nel '400 un insulto. I "poveri" rifiutano quest’epiteto che, oltre a tutto, aveva assunto una colorazione pericolosissima, specie per le donne, diventato praticamente sinonimo di strega. Sarà solo più tardi che i Valdesi, ormai protestanti riformati, ricupereranno l'appellativo "valdese" per ricordare la loro origine dando al termine ingiurioso una valenza positiva.
Non dimentichiamo mai che il movimento dei "poveri" non è una questione che riguardi solo !a Val S. Martino, l'alta Val Chisone e la Val Pellice. Possediamo testi di processi dell'inquisizione che documentano viaggi dei barba dalle Puglie alla Provenza, dalle Marche al centro Europa e i nomi stessi dei barba arrivati fino a noi testimoniano origini più diverse dall'Italia centrale e meridionale, alla Francia e tutto I'arco alpino.