Grado Merlo ha fatto uno studio molto interessante "Sulle misere donniciole valdesi che predicavano", ma si ferma al 1270 circa. Dopo di che la storia delle donne valdesi sembra sparire nel nulla. Vorrei invece mostrarvi che emerge dai testi classici di storia valdese una presenza delle donne non sistematizzata, che ha bisogno di una certa attenzione da parte nostra per esser inserita nel quadro generale di ricerca sulla storia delle donne. Grado Merlo afferma che intorno a Valdo si erano riunite le donne contestando con ciò uno studioso (Selghe) che aveva affermato che non c'erano predicatrici valdesi prima del 1183. Grado Merlo dimostra che sono già presenti, e che predicano i vangeli, utilizzando un testo di Stefano di Borbone, inquisitore che scrive prima del 1180: "... costoro, tanto uomini, quanto donne, idioti e illetterati giravano per i villaggi, entravano nelle case e diffondevano ovunque gli errori e gli scandali....".Un altro testo dell'80 parla di donne chiamate "apostole". L’inquisitore Goffredo Doxer si scaglia contro le donne predicatrici del suo tempo servendosi per sostenere la sua tesi di un testo di II Timoteo (interessante qui l'intreccio tra una lettura femminista del Nuovo Testamento e una lettura femminista della storia).Il testo del Nuovo Testamento impone il silenzio e disprezza la predicazione delle donne, chiamandola "chiacchiere di donne". Testo che è per noi una dimostrazione che le donne già nella chiesa primitiva andavano per le case predicando I'evangelo, mentre la lettura di una chiesa patriarcale è una lettura dispregiativa, che avvalla la repressione delle donne del proprio tempo. Operazione che compie anche Doxer: "... non mancano misere donniciole cariche di peccati che penetrano nelle case altrui, curiose chiacchierone, sfrontate, malvagie, impudenti, come quelle due che per un quinquennio nelle schiere di quei nefandi avevano aggredito colle peggiore offese il venerabile vescovo della città di Clermont..... queste donne, che sono state convertite dal vescovo, bestemmiando in modo turpe lanciavano in faccia al vescovo i loro vizi e pubblicamente proclamavano : "dopo la predicazione ogni giorno più lautamente mangiavamo, ci sceglievamo quasi ogni notte nuovi amanti, trascorrevamo il tempo senza esser sottoposte a qualcuno, senza preoccupazioni senza impegni di lavoro, senza pericoli in mezzo ai quali ora, ancelle di signori, quotidianamente rischiamo di morire e misere soggiacciamo a innumerevoli affanni..."Testo bellissimo che parla di questo movimento come di qualcosa che lascerebbe sfrenare la fantasia e la perversione delle donne ma nel senso della ricerca del piacere, cioè un luogo di libertà dal lavoro, dall'obbedienza a un padrone maschio (qui letto solo come immorale libertà sessuale). Doxer mette in bocca a queste predicatrici valdesi queste parole, mentre stanno abiurando e si lamentano perché finché erano valdesi erano libere, non avevano pericoli e adesso devono sottostare a un padrone e sentirsi imprigionate. Interessante per noi che il movimento valdese venga visto come luogo de eversione totale della morale corrente.
Anche nel 1190 ci sono tracce attraverso altri testi inquîsitoriali di donne che insegnano. Nei testi si cita il decreto di Graziano, decreto, della chiesa che impedisce sia ai laici che alle donne di predicare: ".. la donna benché dotta e santa non presuma di insegnare agli uomini in una riunione, il laico a sua volta alla presenza di chierici non osi insegnare se non da essi richiesto.."Questo decretum continua ad esser valido poiché come sapete tutto il codice canonico non decade nella chiesa cattolica e nel XII secolo viene impugnato contro gli eretici. Ci sono molte altre testimonianze di presenza femminile nella predicazione. Una di Gioacchino da Fiore che contesta il movimento valdese che a sua volta è molto polemico verso il "movimento del Libero Spirito" (il movimento di Gioacchino) da cui prende il via tutta la pratica delle begine e dei begardi ossia di coloro che optano per una vita di meditazione e preghiera e confronto col vangelo nella vita quotidiana, senza entrare in convento.
Questo vivere la propria vita spirituale nelle proprie case rappresenta una vicinanza col movimento valdese, anche se i valdesi accusano il movimento del "Libero Spirito" di avere delle posizioni non bibliche e Gioacchino da Fiore si scaglia contro i valdesi parlandone come ".. una setta di eretici che indifferentemente, indiscretamente, sia uomini, sia donne, senza dottrina, senza grazia e senza ordine non tanto annunciano quanto adulterano la parola di Dio e sotto l'apparenza della santità fanno le conventicole di satana.." A Piacenza alla fine del 1190 delle donne presiedono l'eucaristia. A Metz nel 1199 c'è una congregazione molto grande d’uomini e donne che leggono la bibbia e se la insegnano a vicenda. Nel 1240 si ha una testimonianza di donne che predicano sul sagrato di una chiesa e predicano sulla passione... quindi proprio sul centro del messaggio cristiano. Nello stesso periodo si ha una prima traccia che dimostra che la storia delle donne valdesi non finisce colla fine della loro partecipazione alla predicazione pubblica, ma continua, poiché nel 1212 Durando d'Osca, (uno dei collaboratori di Valdo, poi rientrato nel cattolicesimo) concede di costituire una casa, un ospizio, una comunità ospitaliera mista in cui ci sia un'ala per le donne e un'ala per gli uomini, casa di spiritualità, di accoglienza e di cura nei confronti di bambini abbandonati, di donne maltrattate, di poveri, di coloro che sono senza tetto. Questa è la prima di una serie di molte altre case che si trovano accennate nei documenti dei secoli successivi. L'opinione corrente degli storici è che, dopo il primo periodo, con l'istituzione del movimento e il dilagare della persecuzione, gli uomini continuino a predicare (si costituiscono le scuole che formeranno i barba come maestri itineranti) e le donne trasmettano la fede esclusivamente all'interno della famiglia. In realtà ancora nel 1530 quando Morel porterà il questionario ad Ecolampadio, parlerà ancora di "sorores" (sorelle) ponendo la questione di cosa potrà succedere loro colla fine del loro ministerio. Ecolampadio, come Bucero e Farei, lascia cadere la domanda e non risponde. Quando dopo Chanforan i riformatori "impongono" ai barba di risiedere in una "parrocchia" e di sposarsi è interessante che alcuni barba si scandalizzano. La riforma era molto rigida su questo punto, bisognava trovare a tutti i costi una moglie per tutti i riformatori, per tutti i pastori, Bucero scrive lettere in giro alla vedove e a tutte le donne che conosce per trovare mogli a tutti. Se impongono il matrimonio ai pastori lo impongono certamente anche alla "sorores". Questo nella linea della Riforma, per evitare una pratica ascetica che rischi di sottrarsi al mondo quotidiano. Chi erano queste "sorores" che facevano una scelta di vita all'interno degli ospizi? I valdesi dopo il primo periodo assumono una struttura simile a quella catara. I catari avevano i credenti divisi in due categorie: quella dei "fedeli" e quella dei "perfetti". Già nel duecento i valdesi cominciano ad istituire una divisione simile ma con altri nomi: i fedeli sono gli amici e amiche e i perfetti fratelli e sorelle. Per i Catari la divisione era una divisione di iniziazione che prevedeva il passaggio attraverso un cammino spirituale dalla condizione di fedele a quella di perfetto, mentre nel movimento valdese sembra che questa distinzione sia tra gli itineranti, i maestri, e la gente che vive nella propria città. Dal sinodo di Bergamo (1218) che raccoglie delegati dei poveri di Lione e poveri lombardi, è mandata una lettera ai "fratelli e sorelle e agli amici e amiche".
Perché parlarne al maschile e al femminile se non perché esisteva una presenza di donne non solo tra gli amici e amiche ma anche tra i fratelli e sorelle?Anche nel movimento francescano le donne erano presenti e anche nel movimento francescano si trovano delle case simili agli ospizi valdesi. II movimento valdese era diviso soprattutto verso l'Europa centrale da case chiamate ospizi di cui i sinodi annuali si occupavano e a cui andava una parte dei soldi raccolti da tutti i fedeli. A volte erano semplicemente delle case d’accoglienza in cui i barba nei loro viaggi si fermavano, servivano da rifugio e da luogo dove si organizzavano delle riunioni all'arrivo del barba. In molti altri casi si parla di questi ospizi come di scuole o d’ospedali dove le donne che li gestivano conoscevano la medicina popolare, le erbe e il modo di allora di curare la gente, In Austria per esempio è attestato un lebbrosario e sembra che non fosse l'unico. In Provenza si parla di un ospedale e di scuole. A Wittemberg, città di Lutero, c'era un ospizio valdese.
Questi ospizi erano tenuti da donne, che facevano una scelta di vita facendo dei voti, esattamente come i barba. I voti (povertà, castità e obbedienza) erano fatti alla presenza dì un "majoralis" vale a dire di un maestro anziano. Sapete forse quale era il percorso per diventare barba. Dapprima erano segnalati dal sinodo, poi assegnati ad un maestro (un barba) con cui cominciavano ad andare in giro per l'Europa a visitare i gruppi che di notte si riunivano a commentare il vangelo, dove il barba accoglieva le confessione, dava le penitenze e raccoglieva le offerte.
Dopo un anno o due di questa vita questi giovani erano inviati in una scuola per studiare la scrittura, imparare a memoria il nuovo testamento e sermoni in "lingua" (volgare) e ricevere nozioni necessarie al loro ministerio. Dopo erano presentati nuovamente al sinodo dove, se accolti, erano assegnati per un anno o due ad un ospizio.
Gli ospizi, come abbiamo detto, erano scuole, ma anche luoghi d’accoglienza e ospedali. Per un aspirante barba passare un periodo in queste case significava vivere la diaconia da vicino e acquisire dei mezzi medici, curativi che gli sarebbero serviti nella sua attività futura. Tutto ciò in una continua relazione diretta con le donne che gestivano la casa.
Possediamo la confessione di una donna inquisita e processata che dichiara di aver gestito un ospizio per 20 anni. Gestione diaconale e di sostegno quindi, autonoma rispetto a quella dei barba.
I barba dunque ricevono insegnamento sia nelle scuole dei barba sia negli ospizi in cui ci sono le sorelle infine ricevono l'imposizione delle mani, accompagnano ancora un maestro e solo dopo sei, sette, dieci anni possono loro stessi ricever la confessione dalle persone. Cammino quindi lunghissimo e quasi esagerato se si pensa alla brevità della vita di allora e loro in particolare. Una storica che si occupa della storia delle donne nei primi secoli della nostra era, racconta come le pellegrine che andavano in Palestina, con viaggi durissimi, quando tornavano non rientravano nella vita normale ma passavano da un "pellegrinaggio attivo a un pellegrinaggio passivo" cioè aprivano delle case di accoglienza sulle vie di pellegrinaggio
Ci sarebbe quindi una specie di modello storico delle donne valdesi che all'inizio vanno in giro anche loro per le strade a due a due e dopo diventano quelle che tengono aperta la possibilità ai maestri uomini di esercitare la predicazione itinerante.
Il sinodo di Bergamo afferma con molta forza che le donne non possono amministrare l'eucaristia. Afferma anche che i laici non possono amministrare l'eucaristia, e parlando delle donne dice: magari tra queste donne c'è una prostituta..!! E questo è di nuovo interessante come prova della presenza attiva delle donne perché non sarebbero state fatte queste precisazioni se non ci fosse stata una richiesta e una pratica ... In quel sinodo quindi si blocca la ministerialità itinerante dei laici e delle donne: prima di allora si trovano testi che denunciano una pratica di fare la comunione anche in una semplice riunione di fedeli che si ritrovava e mangiava assieme. Questa pratica essendo così informale permetteva alle donne d’essere loro quelle che distribuivano il pane e il vino.
Esattamente come nel primo secolo quando nelle prime comunità cristiane I'informalità permette alle donne un certo spazio, con una maggior istituzionalizzazione si chiudono gli spazi.