Agape: testimonianza di frontiera
Francesca Spano
Nascita di Agape
Agape è un centro ecumenico aperto a tutte le appartenenze religiose che nasce nel '47 con l'inizio della costruzione per opera di lavoro volontario. In seguito a un appello del suo fondatore pastore Tullio Vinay si ritrovano qui volontari protestanti, cattolici o atei provenienti dall'Italia o dall'estero a costruire un luogo di incontro e di ripresa di rapporti di comunicazione, di riconciliazione, dopo i disastri della seconda guerra mondiale. La chiave interpretativa del progetto stava proprio in questo lavoro volontario e collettivo. II fatto di lavorare insieme era più forte della domanda sulla provenienza o l'identità delle singole persone: fascista o partigiano, credente o non credente, borghese o proletario, cittadino o montanaro, ognuno si portava dietro la sua appartenenza, ma questa perdeva di importanza a confronto col fatto di trovarsi fianco a fianco per dieci ore di duro lavoro giornaliero, intervallato solo da assemblee in cui i problemi venivano discussi insieme in modo democratico. Talmente forte era il senso di questa impresa collettiva insito nell'edificazione stessa, che quando nel '51 si inaugurò l'opera ormai finita, ci fu una profonda crisi di identità del gruppo che aveva partecipato alla realizzazione del progetto. Come riempire questo contenitore una volta finito di costruire le mura, di delimitarne i confini? La crisi fu definitivamente superata solo sette anni dopo quando in un memorabile campo di Amici di Agape del '58 partirono tre filoni di attività: i gruppi di servizio, i gruppi dì lavoro sui ministeri e i gruppi politici. La caratteristica centrale di Agape è stata ed è tuttora, una serie di incontri di studio della durata di una settimana con un tema specifico, affrontato con modalità diverse , di tipo teologico, culturale o pedagogico. La gente vi è attratta dal tema di discussione, dal desiderio di una settimana di vacanza, dal caso, dal bisogno di aggregazione ecc., ma ne torna comunque trasformata. Sia che vi abbia incontrato Gesù Cristo, sia che vi trovi l'amore per la vita, o vi scopra un nuovo avvincente tema culturale da approfondire, subisce in ogni caso una trasformazione significativa.
Agape come frontiera
Nel libro di G. Tourn Una chiesa in analisi è espressa un'ipotesi di intreccio tra la vicenda della chiesa valdese e quella del popolo italiano. Nel periodo del fascismo si riscontra all'interno della chiesa una sintonia di cultura, di linguaggio, di atteggiamento con la cultura imperante (appelli nazionalistici, ecc.). Dopo la resistenza, alla grande spinta alla ricostruzione nel Paese, corrisponde nella chiesa la battaglia per l'affermazione della libertà religiosa e una grande voglia di partecipazione e risveglio. Lo sforzo maggiore di riformare la chiesa è contemporaneo al centrosinistra che rappresenta un'apertura a una politica di riforme rispetto alla stagnazione degli anni '50. E così via nel '68 con !a spinta contestatrice e negli anni '70 con la riscoperta della soggettività. Sugli anni '80 un'analisi approfondita resta da fare. Agape come frontiera significa un luogo di incontro, di elaborazione, di ricerca con uno sguardo a quel che succede nel mondo e uno sguardo a quel che succede nella chiesa. Questa cerniera ha permesso di travasare nella chiesa quello che succedeva nel mondo e di parlare di Gesù Cristo alla gente del mondo, fossero intellettuali, militanti politici, pacifisti o femministe che ad Agape venivano per la loro settimana di ricerca. Questa frontiera ha pure condizionato la vita della chiesa valdese in modo irreversibile. II pastore Tourn al sinodo di quest'anno ha sostenuto la tesi secondo cui non è Agape figlia della chiesa valdese, ma la chiesa è stata condizionata nel suo sviluppo dalla ricerca di Agape. Ripercorrendo i temi dei campi di Agape dagli anni '50 ad oggi troviamo: agli inizi degli anni '60 una serie di campi che hanno come tema l'Africa nel periodo dell'emancipazione dal colonialismo alla società post-coloniale, segno di una capacità di captare quel che succede nel mondo e di elaborarlo mentre avviene. Poi abbiamo l'incontro col marxismo, non tanto col partito comunista, verso cui i valdesi hanno sempre preso le distanze, ma con l'elaborazione del pensiero marxista di gruppi politici più liberi e minoritari spesso ai limiti dell'eresia. Negli anni '70, dopo la ventata politica che aveva pervaso Agape e invaso la chiesa in forma spesso conflittuale e lacerante, arriva quella che è stata chiamata la riscoperta della soggettività con una ricerca articolatissima (campi politici, campi teologici, campi per giovani) sul senso dell'esistenza individuale. Con approcci metodologici diversi si affrontano temi come la relazione di coppia, le discipline psicanalitiche, l'etica, il personale ecc. Grosso spazio in Agape ha avuto la ricerca ecumenica. Agape già aperta verso i marxisti atei si apre al dialogo coi cattolici e studia l'ebraismo, fino ad arrivare oggi al dialogo interreligioso affrontando i nodi che ci pone la realtà nuova di una società non più tutta bianca, tutta europea, tutta cristiana che nel giro dì pochi anni diventerà, come quella francese o quella inglese, una società multiculturale in cui il rapporto con buddisti, ìnduisti o islamici sarà vitale e quotidiano. Alla fine degli anni '70 hanno avuto inizio i campi per omosessuali credenti, arrivati oggi al loro XIV incontro, che hanno significato per molti dei partecipanti la possibilità di rapportarsi in termini positivi con la fede senza prescindere dalla propria identità sessuale. Nel '74 si é tenuto ad Agape il primo campo femminista che, con l'interruzione solo di una anno, ha avuto luogo fino ad oggi. Nel luogo fondato sull'idea della riconciliazione in Cristo, dove le differenze si ricompongono invitando a superare il conflitto, le donne hanno portato il discorso di una rivendicazione sessuale come valore in cui le differenze non vengono annullate ma sottolineate e valorizzate. Agape ha avuto la capacità di non annacquare discorsi così diversi, come la riconciliazione in Cristo e la differenza, con sintesi fittizie, ma di metterli in comunicazione con effetti spesso dirompenti. Infine ci sono i campi per i giovanissimi (cadetti e precadetti) che si sono ampliati molto in questi ultimi anni. Una parte di questi cadetti formati ad Agape, i più bravi, i più metodici, finiscono per diventare dirigenti della chiesa valdese. Qualcuno "da grande" si ricorda, altri non condividono più quel che hanno vissuto allora.
Agape come "magia"
Quando dovrete accompagnare i visitatori a vedere Agape è bene che facciate loro notare che il gruppo di architetti e ingegneri volontari che circondavano Vinay, al tempo della costruzione, hanno immaginato le strutture di questo posto in chiave teologica: le linee architettoniche esprimono un linguaggio teologico esplicativo del messaggio di Agape. In questo luogo in cui la religione ha un grosso peso non c'è una chiesa: c'è un ampio salone in cui si mangia, si beve, si discute, si balla e si fa spettacolo e poi c'è una bibbia aperta sul tavolo che è l'elemento che contraddistingue ogni chiesa protestante. Questo salone è dunque una chiesa, ma una chiesa dove sì vivono tutti i momenti della vita quotidiana: dove non c'è separazione tra sacro e profano. L'ampiezza delle finestre che danno sulle montagne indica che la chiesa è aperta sul mondo. I tavoli sono disposti in modo che tutte le persone che vi siedono si guardano in faccia formando un grande insieme comunitario. La categoria della comunità è espressa in ogni parte dell'edificio. Non c'è un solo posto dove chi va ad Agape per un campo possa star solo, si mangia, si prega, discute e gioca sempre sotto gli occhi di tutti. La comunità è il centro del campo di lavoro, il centro dell'esperienza dei campi, il centro della vita del gruppo residente della ricerca teologica e culturale. Ma la "magia" non sta solo nelle strutture. Chi va ad Agape è messo in una situazione particolare, completamente separato dalla quotidianità. La cesura con la propria identità quotidiana è molto forte. Questo fatto permette il separarsi da sé, lasciando alle spalle tutta la propria esistenza, pur rimanendo se stessi, ed entrando in contatto intensissimo con le persone: si crea una situazione di grande libertà relazionale. La "magia" sta nel fatto che, dopo il ritorno a valle, e il ritrovamento di se stessi, l'aver vissuto una comunicazione così intensa con gli altri dà la possibilità di guardare dentro di sé e al mondo circostante in modo nuovo e molto più intenso di prima. Credo che le persone che amano Agape, come me, e siamo in molti, lo facciano per questo, più che per la linea politica, più che per la linea teologica, per questa esperienza vissuta, e sempre ripetibile, una fuoriuscita da sé con una rientrata molto eccezionali. Questo vale anche per la fede: Agape offre la possibilità di affrontare il discorso su Dio in una situazione di spinta, stimolati da domande (più o meno esplicite) di persone che hanno un rapporto con la fede più diverso. Con l'ateo convinto, con il credente in crisi il discorso si dipana in grande libertà, non priva di possibilità di scivoloni, non più contenuto nella chiesa, ma in termini di grande comunicazione. Un problema spesso drammatico è che questo discorso che si vive ad Agape rischia poi di disperdersi nella ricerca di un contatto con la normale vita ecclesiastica delle nostre chiese.