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Da Chanforan al Trattato di Cavour

 

Giorgio Tourn

 

 

Diventare protestanti

 

Come troviamo nei documenti, l'assemblea di Chanforan si svolse "_ in presentia di tutti li ministri et etiandio del populo_", non in segreto dunque. La risoluzione di entrare nel movimento della riforma viene presa pubblicamente. II tempo delle decisioni segrete è finito. Ma il passaggio dal movimento clandestino, con le sue rigide regole di sicurezza, a chiesa evangelica organizzata, richiede tempo. AI barba, costretto da generazioni a costruire la propria vita sul "non detto", su una doppia identità, viene chiesto ora di predicare nelle piazze, alle comunità di uscire allo scoperto. Questo cambiamento radicale richiede un grosso sforzo di adattamento e dei "tempi di riciclaggio". La prima generazione dopo Chanforan sarà occupata ad effettuare questa graduale trasformazione. Solo nel 1555 si potrà cominciare a parlare di comunità evangelicamente organizzate. Questo non facile passaggio, per nulla scontato e garantito, ha potuto realizzarsi grazie a due importanti fattori di ordine politico verificatisi entrambi nel corso dell'anno 1536.

 

Ginevra centrale organizzativa

 

Nel 1532, quando da Chanforan, Farei, Olivetano e compagni raggiungono Ginevra, la città è ancora cattolica. C'è un partito protestante detto "dei Confederati" (Eydgnoss in dialetto svizzero, francesizzato in Eidguenot = Ugonotti) e quello cattolico detto dei Mamelouks (servi del potere papale come i Mamelucchi di quello ottomano). Tra il 1532 e il 1536 Ginevra porta a compimento la sua trasformazione politica. In seguito ad una serie di insurrezioni, i cittadini di Ginevra riescono a cacciare il vescovo, signore indiscusso, nominato dall'imperatore, che racchiudeva in sé potere religioso e politico della città, feudo indipendente nel ducato di Savoia, alla cui famiglia apparteneva il vescovo stesso. La città si organizza in repubblica e conia una moneta col simbolo di Cristo e il detto "post tenebras lux". Le prime decisioni del Consiglio cittadino sono di abolire la messa aderendo alla religione protestante e di istituire la scuola obbligatoria per tutti, maschi e femmine. Poco dopo arriva in città Giovanni Calvino, giovane giurista già noto per la pubblicazione di un importante trattato di teologia. Trattenuto da Farei, prende in mano l'organizzazione della città, che sotto la sua guida porterà a termine la sua trasformazione politica e religiosa, e diventerà il centro organizzativo di tutto il protestantesimo di lingua francese. II processo di protestantizzazione dei valdesi non avviene in forma spontanea, né in un contesto di isolamento, ma all'interno dì una grande rete di rapporti europei di cui Ginevra è la centrale e il punto di riferimento continuo e indispensabile. Da Ginevra arrivano i predicatori, i libri dei salmi da cantare nella liturgia riformata, l'indicazione se la santa cena vada presa col pane o con l'ostia ed ogni tipo di sostegno e di aiuto.

 

Occupazione francese

 

L'altro fattore politico che permette la costituzione della chiesa riformata nelle valli Pellice e S. Martino è l'invasione della regione da parte dell'esercito francese, diretto in Lombardia. Il vecchio duca di Savoia Carlo III si ritira a Novara, sotto la protezione spagnola, lasciando í suoi territori in mano alle forze d'occupazione. Queste erano formate, come ogni esercito dei tempi, da truppe mercenarie, per la maggior parte luterane, al comando del principe di Fúrstemberg. In particolare il capitano di stanza in Val Pellice era Gauchier Farei, fratello del riformatore. La presenza nel territorio delle truppe d'occupazione dal 1536 al '56 significa la sospensione di ogni attività repressiva e inquisitoriale, riduce la presenza cattolica (le chiese cattoliche vengono requisite perché superflue in una zona in via di protestantizzazione) dando il maggior spazio possibile allo sviluppo della Riforma nella regione.

 

Costruzione dei locali di culto

 

Consideriamo giunto a termine il periodo di trasformazione quando i valdesi dell'area sabauda si sentono così affermati da intraprendere la costruzione di edifici per il culto. Questo avviene nel corso dell'anno 1555 quando vengono identificati ben sei templi: Angrogna, Coppieri, Ciabas, Roccapiatta, Villasecca e Prali. Chiara è la scelta dell'ubicazione di Angrogna e Prali in zone di forte concentramento di popolazione valdese.

Villasecca e Coppieri, ai piedi della montagna in zona collinosa, esprimono già una linea di tendenza. Perrero era zona cattolica e Torre Pellice non esisteva se si esclude la piccola chiesa cattolica all'imbocco della valle e forse una stazione di polizia: ì valdesi occupavano la fascia collinare in direzione della Sea e la costiera del Vandalino: grossomodo tra i Bonnet e il Tagliaretto. Ancor più esplicita è l'ubicazione del Ciabas e di Roccapiatta: in zona di frontiera, affacciate versa la pianura dove gli aderenti alla Riforma erano allora numerosi, ma entrambe coperte alle spalle dal territorio di Angrogna: sull'ultimo posto ancora difendibile. S. Giovanni era zona poco sicura, troppo vicino alla cattolica Luserna.

 

Verso il Piemonte

 

Quando la compagnia dei pastori di Ginevra decideva la destinazione dei vari pastori in questo o in quel luogo d'Europa, destinava al tempio del Ciabas predicatori che parlavano italiano. Goffredo Varaglìa proveniente dal cuneese e Scipìone Lentulo, napoletano, predicarono in questo locale di culto, frequentato da gente proveniente da ogni parte della pianura. Entrambi accusati dì eresia si erano rifugiati a Ginevra e quivi formati come predicatori protestanti e rinviati sul fronte di missione (lo stesso fu per Gian Luigi Pascale mandato in Calabria a Guardia Piemontese). L'italiano esisteva come lingua di cultura su tutta la penisola già dall'epoca dei grandi padri della lingua: Dante, Petrarca, Boccaccio, mentre nessuna altra lingua europea conosciuta oggi si era ancora affermata. II francese si forma nel '500 e Calvino sarà uno dei primi scrittori di prosa in quella lingua. Mentre nel resto delle valli si diffondeva il francese come lingua della chiesa, al Ciabas si mandavano i migliori predicatori di lingua italiana e questo ci fa capire come, sia Ginevra che i valdesi, ritenessero importante l'espandersi della Riforma in Piemonte e considerassero loro compito la predicazione in questa regione.

 

Contrasto di due culture

 

Quando il principe di Racconigi, mandato dal cugino, duca di Savoia, a sentire una predica di Scipìone Lentulo, entra, seguito dai cortigiani, nel tempio del Ciabas, si trova in un ambiente del tutto inaspettato: in un rozzo capannone spoglio da immagini e da ogni sacralità, donne e bambini seduti in terra e uomini armati appoggiati alle pareti ascoltano un predicatore che sta al centro su una pedana alta quanto basta per esser scorto da tutti, con un semplice leggio davanti su cui poggia la Bibbia aperta. L'edificio non ha nemmeno un campanile. La campana era allora il centro della vita sociale, scandiva l'ordine della giornata, simbolo dell'ordine dell'universo. L'uomo del '500 ha bisogno di un ordine: è abituato ad un mondo preciso, organico, dove tutto ha un posto, dove la scala gerarchica sociale é rassicurante perché permette di riconoscere il proprio posto, la propria identità. Qui nel Ciabas non si trova nulla di tutto questo. C'è un uomo che parla davanti a un piccolo leggio. Lo shoc provato dal principe di Racconigi è lo shoc che prova la cultura italiana cattolica del tempo di fronte al protestantesimo. Mentre si edificava il tempio del Ciabas, a Roma si costruiva la cattedrale di S. Pietro. Questo è il contrasto tra le due forme di cristianesimo, che nel '500 diventa pubblico, noto, visibile.

 

La riforma nel Pragelato

 

Nella Pasqua del 1555 due predicatori riformati arrivano da Ginevra a Fenestrelle. Nel giro di un anno la val Pragelato diventa protestante. Resta un mistero del tutto incomprensibile come siano passati più di vent'anni tra Chanforan e questo momento. Nell'area sabauda c'è stato un cambio sconvolgente e nulla è accaduto nella valle vicina dove il numero dei valdesi era almeno quanto quello di questa valle.

 

Repressione sabauda e risposta valdese

 

Nel 1559, solo quattro anni dopo la costruzione dei templi, la Savoia torna in mano ai suoi duchi. I francesi si ritirano, il duca Emanuele Filiberto reduce da brillanti vittorie come generale dell'esercito imperiale, sbarca a Nizza quale successore di Carlo III. In virtù del "cuius regio eius religio" (la religione dei principi deve essere quella dei sudditi) principio sancito dalle potenze europee nella risoluzione di Augusta del 1555, il giovane duca dichiara che tutti i "luterani" sul suo territorio devono evacuare al più presto o sottomettersi. I riformati del Piemonte obbediscono ritirandosi alcuni a Ginevra, altri nel Pragelato o nel Marchesato di Saluzzo. Non pochi raggiungono i valdesi della val Pellice. Accade un fatto imprevedibile: i riformati della val Pellice e val S. Martino rifiutano di obbedire. Sudditi fedeli e ossequiosi per tutto quanto sancito dalle leggi ducali (dalle tasse all'arruolamento nell'esercito sabaudo), si rifiutano di sottomettersi per quanto concerne un problema di coscienza. Persino Ginevra li consiglia di cedere; i pastori sono per la resa, ma la popolazione decide di resistere con le armi.

Cosa ancora più inaudita: dopo alcuni mesi di guerra l'esercito sabaudo non ha ancora avuto ragione dei ribelli. I motivi di carattere militare sono due:

1) la difficoltà di stanare i rivoltosi dal loro territorio alpino senza poterli aggirare dalle valli adiacenti fuori dal territorio sabaudo;

2) l'intervento dei protestanti del Pragelato molto ben equipaggiati a fianco dei fratelli della val Pellice.

 

Trattato di Cavour

 

Nel 1561 nel sontuoso palazzo degli Acaia a Cavour si siedono allo stesso tavolo il principe di Racconigi, cugino di sua Altezza, e quattro rappresentanti della popolazione della val Pellice e val S. Martino (due ministri e due sindaci) e firmano un accordo.

Non esiste nessun altro documento nel '500 sottoscritto dal potere del duca e dai sudditi ribelli. Nel documento si tracciano i limiti all'interno dei quali i "religionari" potranno praticare le loro cerimonie, col divieto di professare la religione fuori da questi confini.

 

     

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